Dal 6 dicembre 2021 al 30 aprile 2022, l’accesso a spettacoli e concerti sarà consentito solo ai possessori di Green Pass rafforzato.
Non saranno quindi validi i Green Pass ottenuti tramite tampone con esito negativo.
Verificate il vostro livello di certificazione prima di recarvi in teatro per assistere a uno spettacolo o a un concerto: saranno ritenuti validi solo i Green Pass rafforzati verificabili tramite app Verifica C19 e le idonee certificazioni di esenzione.
Emendamento del 28/04/2022 della Commissione Affari sociali della Camera
Il Decreto-legge del 24 marzo 2022 n. 24 stabilisce dal 1 maggio 2022 l’eliminazione del green pass per l’accesso degli spettatori agli spettacoli al chiuso (cinema, teatri); in data 28/04/2022 è stato approvato un emendamento dalla Commissione Affari sociali della Camera, che proroga “l’uso della mascherina fino al 15 giugno in ambito sanitario, in ospedali ed RSA, nel trasporto pubblico locale e a lunga distanza, negli studi professionali, nei cinema e teatri e negli eventi sportivi al chiuso”.
Pertanto, fino a tale data è obbligatorio indossare per l’accesso al teatro, la mascherina di tipo FFP2.
In occasione della Giornata della Memoria, il Teatro della Concordia ha deciso di proporre uno spettacolo teatrale costruito in collaborazione con l’Istituto per la Storia e della Resistenza e della Società Contemporanea di Asti. Mercoledì 26 gennaio alle ore 21.00, andrà in scena Guido suonava il violino, spettacolo liberamente tratto dal racconto Un violino di Nicoletta Fasano, ricercatrice dell’Istituto I.S.R.AT (Istituto Storico per la Resistenza e la Società Contemporanea in Provincia di Asti), che ha indagato intorno alla vicenda delle famiglie astigiane Foà e Luzzati.
Si tratta di un monologo teatrale tutto al femminile, che si dipana come un racconto giallo e assume le misteriose atmosfere di un thriller a carattere storico.
Un vecchio violino entra prepotentemente nella quotidianità di una donna, ricercatrice di professione, costringendola ad abbandonare il suo rassicurante, scientifico metodo di indagine e chiedendole di dedicarsi, anima e cuore, alla ricostruzione di una storia da salvare dall’oblio. Quel violino uscito dalla polvere di una cantina pare dotato di volontà propria: stride, geme, chiama con veemenza e ottiene ascolto. E racconta la vicenda di una famiglia ebrea sfollata ad Asti al tempo delle leggi razziali e della guerra, con gli immancabili risvolti di sradicamento, discriminazione, deportazione.
Attraverso un sofferto percorso di ricerca, specialmente dentro sé stessa, la ricercatrice comprenderà che ritrovare il nome del proprietario del violino è affermare la sua esistenza: un atto di resistenza contro il sistema concentrazionario nazifascista, progettato per annientare, spersonalizzare.
Chi sono dunque i “sommersi”, chi i “salvati”, allora come oggi? Chi i complici? Quali i giusti? Dove si colloca la protagonista stessa, nel suo mettersi in gioco – donna ed essere umano prima ancora che investigatrice – per svelare la verità intorno a questa vicenda?
Una storia sulla Shoah, certamente, ma il nodo centrale qui non è il lager, piuttosto ciò che l’ha preceduto: la vita delle singole persone, con le loro gioie, miserie, speranze, scelte, legami. Cittadini italiani, perfettamente integrati nel tessuto sociale, da un giorno all’altro divenuti “senza Stato”, espulsi dalla loro patria senza avere colpe e senza ricevere spiegazioni, mandati alla morte senza fare rumore, se possibile. In questo l’immane tragedia che ha colpito il popolo ebraico e non solo, continua ad essere tristemente attuale, benché – o poiché – altre tragedie dell’odio razziale o religioso, altri sterminii si siano susseguiti, da allora ad oggi. Segno che la vigilanza non può mai essere abbassata.
Il violino, di dimensione adatta a un bambino e datato agli Anni Trenta del Novecento, è realmente esistente ed attualmente custodito dall’autrice, Nicoletta Fasano. Pur non essendo stato possibile ricostruire a chi appartenesse lo strumento, rinvenuto durante lo sgombero di un magazzino comunale, Fasano ha voluto legare, con l’invenzione letteraria, questo oggetto prezioso ed evocativo al nome di Guido Foà, che all’età di 8 anni fu il più piccolo deportato dalla città di Asti.
Guido e sua madre, Estella Luzzati, si troveranno casualmente sullo stesso convoglio che da Carpi (MO) trasporta ad Auschwitz anche Primo Levi e alcuni suoi cari amici. Guido è uno dei bambini descritti da Levi mentre vengono fatti salire su un camion diretto alle camere a gas, non appena arrivati al lager. La Storia è dunque inestricabilmente connessa al racconto, in una dedica commossa che per tramite di Guido ricorda ed abbraccia quanti subirono lo stesso tragico destino.
Per permettere la fruizione dello spettacolo, ritenuto fortemente importante per la formazione personale e culturale del pubblico, il Teatro ha deciso, in questa particolare occasione, di proporre un biglietto di ingresso del costo di € 3,00.
Mercoledì 26/01/2022
Guido suonava il violino
Casa degli alfieri / ARTEPO (ARchivio TEatralità POpolare)
testo e regia di Patrizia Camatel
con Elena Formantici
in collaborazione con ISRAT – Istituto per La Storia della Resistenza e della Società Contemporanea di Asti
Il punto sulla parità di genere nello spettacolo dal vivo
Il Teatro è un consumo culturale scelto per la maggioranza dalle donne.
A dirlo è l’ISTAT che, nell’indagine sulla gestione del tempo libero da parte degli italiani condotta nel corso del 2019, ha stimato che il pubblico teatrale è composto per la maggioranza da donne: 56,3% contro il 43,7% di uomini.
Il settore culturale in Italia, però, è anche il settore economico in cui vi è la maggiore presenza di donne lavoratrici (47,7%). Eppure si tratta di un settore fragile, in cui le disparità di genere sono ancora molto presenti e radicate. Già nel 2014, l’UNESCO aveva avviato uno studio per valutare il coinvolgimento e l’uguaglianza delle donne all’interno del settore: i risultati dipingevano un settore in cui le figure femminili venivano impiegate maggiormente in alcune professioni specifiche e con difficile accesso alle sfere decisionali.
Per quanto riguarda nello specifico il settore dello spettacolo dal vivo, è stata svolta nel corso di quest’anno per la prima volta un’indagine statistica che ha prodotto una mappatura dell’impiego di lavoratori e lavoratrici del mondo dello spettacolo, da parte dell’associazione Amleta.
Amleta ricorda che la maggior parte delle persone sedute nelle nostre platee, la maggior parte del pubblico pagante sono donne, che hanno il diritto di vedersi rappresentate, e di vederlo fatto attraverso storie che le raccontino in maniera equilibrata e non stereotipata.
L’indagine di Amleta evidenzia una segregazione occupazionale netta nel mondo dello spettacolo, cioè una situazione in cui per alcuni lavori sono impiegati maggiormente dei lavoratori che posseggono certe caratteristiche. Si formano così delle vere e proprie categorie di lavori, dove diventa normale che una donna sia sarta e che un tecnico sia uomo.
La mappatura non si ferma qui: le donne, oltre a essere meno presenti nelle professioni, sono anche meno presenti sui maggiori palchi nazionali. Sono inoltre generalmente escluse dalle professioni di decisione e direzione. In Italia solo 6 teatri su 24 sono diretti da donne. Nessuna donna è direttrice di un Teatro Nazionale. Questa situazione si riflette anche nel mondo musicale dove le figure femminili sono proprietarie o amministrano solo il 15% delle etichette musicali.
Questo fenomeno si chiama glass ceiling, proprio a indicare quanto sia difficile per le donne rompere il “tetto di cristallo” che le separa da quelle professioni decisionali da cui sono prevalentemente escluse.
Di fronte a questi dati, che cosa fare?
In Italia la riflessione è stata portata avanti negli ultimi anni dall’esperta del settore culturale Flavia Barca. Nell’estate 2020 è stata lanciata una call of paper con l’obiettivo di identificare le criticità del gender gap presente nel settore culturale italiano e pensare a strategie e misure attuare per intervenire.
Il nostro teatro da alcuni anni dedica uno specifico filone della rassegna teatrale alle donne come attrici e come parte del pubblico. Il titolo, non a caso, è Donne in scena e racconta, attraverso differenti linguaggi teatrali, sfumature e punti di vista, alcuni scorci del mondo femminile, sottolineando di volta in volta aspetti diversi: dal coraggio, alla resilienza, all’umorismo.
Ha aperto la stagione 2021/2022 del Teatro della Concordia uno spettacolo dedicato alla figura della giornalista Ilaria Alpi. Il fil rouge è continuato con un toccante monologo di Valeria Solarino in Gerico Innocenza Rosa. Presto in scena, in occasione del 25 novembre Giornata Mondiale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne, la giornalista Livia Grossi presenterà Nonostante voi, un reportage teatrale che racconta come le diverse e tragiche vite di tre donne siano riuscite a trasformarsi in riscatto.
Il mondo femminile raccontato in musica in modo straordinario da Fabrizio De André sarà rappresentato sulla scena dal gruppo Rose di Rame, in programmazione a gennaio 2022. Le quattro attrici comiche di ApPUNTI G, invece, affronteranno il tema della sessualità in modo dissacrante e ironico, cercando di interrogarsi su pregiudizi e luoghi comuni.
Proprio riguardo a stereotipi e pregiudizi, Valentina Lodovini sarà protagonista dello spettacolo Tutta casa, letto e chiesa, scritto con ironia pungente da Franca Rame e Dario Fo alla fine degli anni ’70. La proverbiale leggerezza e bravura di Vanessa Incontrada offrirà poi al pubblico una divertente commedia e l’opportunità di assistere finalmente allo spettacolo Scusa sono in riunione… ci sentiamo più tardi, annullato a causa del Covid nel 2020. Infine, Isabella Ragonese in Da lontano: chiusa sul rimpianto, racconterà la storia di una figlia, diventata terapeuta, che cerca di aiutare la propria fragile madre.
In un mondo che ogni giorno ci pone davanti gravi violazioni dei diritti umani e truci fenomeni di violenza, è non solo importante bensì mandatorio ricordare che la figura femminile va rispettata e valutata come paritaria a quella maschile non solo il 25 novembre. La parità di genere deve esistere tutti i giorni, tutto l’anno. Dal teatro, alla politica, alla vita quotidiana. Solo così potremo finalmente parlare di civiltà.
Il lungo percorso per l’affermazione della propria identità
Valeria Solarino ritorna letteralmente a teatro, dopo diversi anni in cui la sua carriera era ormai legata principalmente al mondo del cinema e della televisione. Intensa e magnetica, Valeria Solarino affronta con classe, ironia e grande capacità interpretativa un monologo scritto dalla regista e drammaturga Luana Rondinelli e nato dalla collaborazione tra lei stessa e l’autrice. Nella produzione hanno collaborato il Teatro Stabile d’Abruzzo, Savà Produzioni Creative e Stefano Francioni Produzioni. La Scena è di Ortiche Spazi in Scena, i costumi sono di AlessandroLai, le musiche sono di Massimiliano Pace, il disegno luci è di Daniele Savi.
“Ognuno può rispecchiarsi in questo spettacolo e trovare il proprio modo per essere se stesso fino in fondo, senza pregiudizi che costringono ad essere altro, senza paure, con la consapevolezza che se l’accettazione parte dal nucleo familiare e dagli affetti autentici, il percorso dell’affermazione della propria identità sarà più semplice”
Luana Rondinelli, autrice e regista dello spettacolo
Lo spettacolo racconta il percorso di un adolescente nella costruzione e nella scoperta della propria identità e di come l’ambiente familiare giochi un ruolo importante in questo passaggio. La costruzione della propria identità transita obbligatoriamente dall’essere “altro” rispetto ai propri genitori, ma il bisogno di essere accettati ed accolti resta comunque rilevante nelle dinamiche che concorrono alla scoperta del proprio vero io. Una trama di crescita e consapevolezza personale che si snoda attraverso vertici di drammaticità e altri di dolcezza intima.
“Attraverso le parole e la direzione di Luana – dichiara Valeria Solarino – voglio dar vita alla lotta per l’affermazione della propria identità. Come un flusso di coscienza, il racconto tocca i momenti più dolorosi di questo percorso ma anche i ricordi più dolci e tutto questo ogni volta mi conquista e mi emoziona”.
Accettazione della diversità, accompagnamento, scoperta di sé e coraggio nell’accoglienza del proprio io: Gerico Innocenza Rosa è uno spettacolo che parla di identità, ma che vuole affrontare ogni tipo di discriminazione. Una tematica quanto mai attuale trattata con delicatezza attraverso i racconti di Vincenzo che grazie alla nonna troverà la forza di fare il suo percorso di transizione per essere Innocenza Rosa. Sul palcoscenico Vincenzo cresce e lə spettatorə con lui, in quello che un tempo sarebbe stato un romanzo di formazione e oggi è un percorso di autoconsapevolezza.
Gerico Innocenza Rosa è uno spettacolo che parla di femminilità attraverso il vissuto e le parole di due figure che si interrogano su quali siano le sue sfumature e ne provano a testimoniare anche la bellezza.
Femminilità che si contrappone alla durezza di un ambiente maschilista e repressivo, che ancora una volta può servire come spunto di riflessione proprio in avvicinamento al 25 novembre, Giornata Internazionale dell’Eliminazione della Violenza contro le Donne. Un testo che Valeria Solarino ha amato sin da subito, fagocitando ogni singola parola, trasportando sulla scena la molteplicità dei personaggi che costellano il mondo del protagonista, dalla nonna che lo ha sempre sostenuto e protetto alla madre fredda e distaccata. Sono ricordi che toccano tante corde, come l’incomprensione da parte di una famiglia incredula e conservatrice, la violenza del bullismo, i silenzi che danno adito a fraintendimenti.
Mercoledì 17/11/2021
Gerico Innocenza Rosa
con Valeria Solarino
La signora Innocenza sa cosa significa vivere schiacciando la propria dignità, ma l’amore per il nipote la salva e la salva ogni estate, un’unione che si fa forza